Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa
LAMENTO DI CHI SI ANNODA UNA CRAVATTA DAVANTI ALLO SPECCHIO
Quando, quando hanno cambiato,
mi chiedo,
queste dita le loro abitudini,
quando questi polpastrelli
hanno assunto lo scrupoloso compito
di annodare la cravatta?
Qual nobile tocco si verifica
quando mantengono il lembo di seta:
di polpastrello in polpastrello
c’è una sottile comunicazione,
sono interpreti di una musica
in silenzio composta.
Queste dita che si sono abituate
all’arte del gioco, di sostenere
qualche giocattolo, qualche pallina;
a sentire la terra, a volte.
In sincronia legano la cravatta
e fanno i nodi necessari;
aggiustano quanto la simmetria permette.
E riposano quando uno guarda
il suo viso nello specchio, l’anima
caduta e sola poiché la vita
è rimasta indietro, in un altro tempo
dove le mani erano mani
e non due pinze che legano
la corda del suicidio diario.
Come sono fredde e come sono lunghe
le dita di queste mani
di qualcuno che ancora non sa
quale sia la strada per tornare all’infanzia.
LAMENTO DE QUIEN SE AMARRA UNA CORBATA FRENTE AL ESPEJO
¿Cuándo, cuándo cambiaron,
me pregunto,
estos dedos sus hábitos,
cuándo estas yemas
adquirieron el minucioso oficio
de anudar la corbata?
Qué noble tacto surge
cuando sostienen la tira de seda:
de yema a yema
hay una sutil comunicación,
son intérpretes de una música
en silencio acompasada.
Estos dedos que se acostumbraron
al oficio del juego, de sostener
algún juguete, alguna pelota;
de sentir la tierra, a veces.
Coordinadamente enlazan la corbata
y hacen los nudos necesarios;
ajustan cuanto la simetría permite.
Y descansan cuando uno mira
su rostro en el espejo, el ánimo
caído y a solas porque la vida
se quedó atrás, en otro tiempo
donde las manos eran manos
y no dos pinzas que atan
la cuerda del suicidio diario.
Qué fríos y qué largos
los dedos de estas manos
de alguien que ya no sabe
cuál es el camino a la infancia.