Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa
Messico, 2016
a partire da Francisco Cervantes
Non è questa la tua città, ma da dove vieni
Sei appartenuto qualche volta
Dovresti riflettere.
E la terra che ora calpesti
Sia maledetto persino il tuo gesto
È tua per eredità
E vana pretesa è spaventarti
In una caotica scenata.
Non sai ancora che animale sei,
Che luna sia quella a cui devi cantare
Se cantare potessi di sofferenza.
Neppure il banchetto familiare ed intimo
Ti convince a stabilirti
Dunque non fare l’estraneo dove ti senti a tuo agio.
Campagna o città, il tuo forte è vagare,
Accumulare nei tuoi passi la desolazione
Ora più che mai guardati chiedendo pietà,
Riconosci quanto a misura sia il mondo
Che concede quel che chiedi e quel che è giusto.
México, 2016
a partir de Francisco Cervantes
No es esta tu ciudad, pero de donde vienes
Perteneciste alguna vez
Habrías de reflexionar.
Y la tierra que ahora pisas
Sea desgraciado tu gesto incluso
Es tuya por herencia
Y vano reclamo es fruncirte
En una desordenada rabieta.
No sabes ya qué animal eres,
Qué luna es a la que debes cantar
Si cantar pudieras en desamparo.
Ni aun el banquete familiar e íntimo
Te convence de establecerte
Pues no seas ajeno donde te sientes propio.
Campo o ciudad, lo tuyo es vagar,
Acumular en tus pasos el yermo
Mas ahora mírate pidiendo clemencia,
Reconoce cuán medido es el mundo
Que otorga lo pedido y lo que corresponde.
Leído por Antonio Martínez Arboleda