Adalberto García López: “Ricordo”

 

 

 

Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa

 

RICORDO

 

A Sofía Sánchez García

 

Erano i tuoi palmi nivei

era la fortuna nel tuo mignolo

era lavvenire dei tuoi fischi,

uccelli, piante di cotone

era la tranquilla allegria

che viene in fiaschi prescritti

era laccelerato polso del silenzio

era la tregua di loro due

ciò che faceva a lei

ricordare per le sue ciglia

il sogno che aveva dimenticato:

il profumo della vita.

 

 

RECUERDO

 

A Sofía Sánchez García

 

Eran tus palmas blancas

y era la fortuna en tu meñique

y era tu porvenir de silbatos,

pájaros, algodones

y era la tranquila alegría

que viene en frascos prescritos

y era el acelerado pulso del silencio

y era la tregua de ustedes dos

lo que hacía a ella

recordar por sus pestañas

el sueño que había olvidado:

el perfume de la vida.

 

 

Adalberto García López: “Porpora terra desolata”

 

 

 

Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa

 

PORPORA TERRA DESOLATA

 

I

 

È un freddo cimitero

penombra nella penombra

vulcanica violenza nelle sue strade e nei suoi fiumi

Trema la chiara notte,

un revolver si annuncia,

nessuno muove le labbra,

rimane solo lo sparo.

È un veloce assassino,

lentissimo giustiziere.

Mare che zittisce le sue morti,

il fragore delle onde porta con sé i tuoi occhi,

testimoni delle morti.

È un freddo cimitero,

è la culla della mia voce,

prima voce che ho avuto.

È pira mascherata,

solitudine, moltitudine.

Rossiccio tramonto sulle sue vene ocra.

Strade piene di spaccature

e pazzi indigenti.

La pallottola dove il cane

urina senza vergogna,

si dimentica del cadavere

ed urina sul cadavere.

 

 

VI

 

Covo della disgrazia,

fragile rompicapo

dove il rosso, il nero

sono più del sangue e della notte.

Sopravvive la pazienza come cattiva abitudine.

Ereditato nel nome

la pietra è già pesante

è già difficile cantare.

Sia per larcangelo

o per il nuovo cielo

o per una nascosta e strana relazione

ci tocca arare i corpi.

Ingiustizia o disgrazia

la montagna si inclina:

lombra della pietra

ci copre interamente.

 

 

PÁRAMO GRANATE

 

I

 

Es frío cementerio,

penumbra en la penumbra:

volcánica violencia en sus calles y ríos.

Tiembla la clara noche,

un revólver se anuncia,

nadie mueve los labios,

queda solo el disparo.

Es veloz asesino,

lentísimo verdugo.

Mar que calla sus muertes,

el rumor de las olas trae consigo tus ojos,

testigos de las muertes.

Es frío cementerio,

es cuna de mi voz,

voz primera que tuve.

Es pira disfrazada,

soledad, multitud.

Rojizo atardecer sobre sus venas pardas.

Calles llenas de grietas

y  locos indigentes.

La bala donde el perro

orina sin vergüenza,

se olvida del cadáver

y orina en el cadáver.

 

 

VI

 

Cueva de la desgracia,

frágil rompecabezas

donde el rojo, el negro

son más que sangre y noche.

Pervive la paciencia como mala costumbre.

Heredado en el nombre

ya la piedra es pesada,

ya es difícil cantar.

Sea por el arcángel

o por el nuevo cielo

o por una escondida y extraña relación

nos toca arar los cuerpos.

Injusticia o desgracia

la montaña se inclina:

la sombra de la piedra

nos cubre por entero.

 

 

Adalberto García López: “Lamento di chi si annoda una cravatta davanti allo specchio”

 

 

 

Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa

 

LAMENTO DI CHI SI ANNODA UNA CRAVATTA DAVANTI ALLO SPECCHIO

 

Quando, quando hanno cambiato,

mi chiedo,

queste dita le loro abitudini,

quando questi polpastrelli

hanno assunto lo scrupoloso compito

di annodare la cravatta?

Qual nobile tocco si verifica

quando mantengono il lembo di seta:

di polpastrello in polpastrello

c’è una sottile comunicazione,

sono interpreti di una musica

in silenzio composta.

Queste dita che si sono abituate

allarte del gioco, di sostenere

qualche giocattolo, qualche pallina;

a sentire la terra, a volte.

 

In sincronia legano la cravatta

e fanno i nodi necessari;

aggiustano quanto la simmetria permette.

E riposano quando uno guarda

il suo viso nello specchio, lanima

caduta e sola poiché la vita

è rimasta indietro, in un altro tempo

dove le mani erano mani

e non due pinze che legano

la corda del suicidio diario.

 

Come sono fredde e come sono lunghe

le dita di queste mani

di qualcuno che ancora non sa

quale sia la strada per tornare allinfanzia.

 

 

LAMENTO DE QUIEN SE AMARRA UNA CORBATA FRENTE AL ESPEJO

 

¿Cuándo, cuándo cambiaron,

me pregunto,

estos dedos sus hábitos,

cuándo estas yemas

adquirieron el minucioso oficio

de anudar la corbata?

Qué noble tacto surge

cuando sostienen la tira de seda:

de yema a yema

hay una sutil comunicación,

son intérpretes de una música

en silencio acompasada.

Estos dedos que se acostumbraron

al oficio del juego, de sostener

algún juguete, alguna pelota;

de sentir la tierra, a veces.

 

Coordinadamente enlazan la corbata

y hacen los nudos necesarios;

ajustan cuanto la simetría permite.

Y descansan cuando uno mira

su rostro en el espejo, el ánimo

caído y a solas porque la vida

se quedó atrás, en otro tiempo

donde las manos eran manos

y no dos pinzas que atan

la cuerda del suicidio diario.

 

Qué fríos y qué largos

los dedos de estas manos

de alguien que ya no sabe

cuál es el camino a la infancia.

Adalberto García López: “Genealogia”

 

 

 

Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa

 

GENEALOGIA

 

There you are, in all your innocence

TED HUGHES

 

Questo è guardare una fotografia

di oltre vent’anni fa.

 

Venti anni come una nave

attraversando venti mari.

 

Non è la storia di una fotografia,

è a stento il mio ricordo.

 

La linea fugace nel cielo

traccia ciò che posso ricostruire.

 

Un susseguirsi di tenebre

che tessono la loro canzone a fatica,

 

una parete quasi bianca

dove soltanto l’ombra riposa.

 

Di quanto poco ci accontentavamo

ed eravamo felici.

 

 

GENEALOGÍA

 

There you are, in all your innocence

TED HUGHES

 

Esto es mirar una fotografía

de hace más de veinte años.

 

Veinte años como un barco

atravesando veinte mares.

 

No es la historia de una fotografía,

es apenas mi recuerdo.

 

La fugaz línea en el cielo

raya lo que puedo reconstruir.

 

Una sucesión de oscuridades

que tejen su canción a duras penas,

 

una pared casi blanca

donde solamente la sombra reposa.

 

Con qué poco nos conformábamos

y éramos felices.

 

Leído por Antonio Martínez Arboleda

Adalberto García López: “Messico, 2016”

 

 

 

Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa

 

Messico, 2016

 

a partire da Francisco Cervantes

 

Non è questa la tua città, ma da dove vieni

Sei appartenuto qualche volta

Dovresti riflettere.

E la terra che ora calpesti

Sia maledetto persino il tuo gesto

È tua per eredità

E vana pretesa è spaventarti

In una caotica scenata.

 

Non sai ancora che animale sei,

Che luna sia quella a cui devi cantare

Se cantare potessi di sofferenza.

Neppure il banchetto familiare ed intimo

Ti convince a stabilirti

Dunque non fare lestraneo dove ti senti a tuo agio.

 

Campagna o città, il tuo forte è vagare,

Accumulare nei tuoi passi la desolazione

Ora più che mai guardati chiedendo pietà,

Riconosci quanto a misura sia il mondo

Che concede quel che chiedi e quel che è giusto.

 

 

México, 2016

 

a partir de Francisco Cervantes

 

No es esta tu ciudad, pero de donde vienes

Perteneciste alguna vez

Habrías de reflexionar.

Y la tierra que ahora pisas

Sea desgraciado tu gesto incluso

Es tuya por herencia

Y vano reclamo es fruncirte

En una desordenada rabieta.

 

No sabes ya qué animal eres,

Qué luna es a la que debes cantar

Si cantar pudieras en desamparo.

Ni aun el banquete familiar e íntimo

Te convence de establecerte

Pues no seas ajeno donde te sientes propio.

 

Campo o ciudad, lo tuyo es vagar,

Acumular en tus pasos el yermo

Mas ahora mírate pidiendo clemencia,

Reconoce cuán medido es el mundo

Que otorga lo pedido y lo que corresponde.

 

Leído por Antonio Martínez Arboleda

 

Adalberto García López: “Se oltre il mio corpo”

 

 

 

Poesia tradotta da Erika Romano (Università degli Studi di Macerata) e letta da Francesca Di Presa

 

SE OLTRE IL MIO CORPO

 

se oltre soltanto

un mancato tocco

un gesto vuoto

un battito mi lasciasse

mi lasciasse qualcosa di minuscolo

minuscolo come un dente di leone

come la sporcizia che si annida sotto le unghie

dunque

solo lì

osserverai se resto

se resto tra lerba bassa

o nei vasti giardini delloblio

come il fiore che strappato

ancora rimane nel distratto olfatto

di quelli che percorrono

vedendo

forse la strada

ma non la rotta

e se sono assente

ovverosia

in nessun luogo mi trovo

in nessun luogo mi ricordo

nominerò tutte le cose

e metterò una canzone

nella bocca di nessuno

qualcuno forse attende il mio richiamo

 

 

SI DESPUÉS DE MI CUERPO

 

si después solamente

un quebrado tacto

un gesto vacío

un latir me quedara

me quedara algo minúsculo

minúsculo como un diente de león

como la mugre que se junta en las uñas

entonces

ahí solo

observara si permanezco

si permanezco entre la baja hierba

o en los amplios jardines del olvido

como la flor que cortada

aún permanece en el desatento olfato

de los que cruzan

viendo

quizás el camino

pero no el recorrido

y si estoy ausente

es decir

en ningún lado me encuentro

en ningún lado me recuerdo

voy a nombrar todas las cosas

y pondré una canción

en los labios de nadie

alguien quizás atienda mi llamado

 

Leído por Antonio Martínez Arboleda